CronacaUn mite week-end di musica da camera all'Annunziata di Ravello

Un mite week-end di musica da camera all'Annunziata di Ravello

Inserito da (Redazione), venerdì 21 settembre 2018 14:28:18

Quello che comincia oggi è un weekend interamente dedicato alla grande musica per pianoforte eseguita sul gran coda da concerto del Domplesso Monumentale dell'Annunziata, iscritto nel registro dei monumenti nazionali d'Italia.

Stasera (venerdì 21 settembre) il concerto del pianista calabrese Andrea Bauleo che apre il suo recital con i quattro improvvisi op.90 Franz Schubert. Nell'ultimo periodo della sua vita Schubert compose una serie di piccoli pezzi per pianoforte, i Moments musicaux (op. 94) e gli Impromptus (op.90 e op.142). In tutto quattordici brevi composizioni dove Schubert dimostrò come il pianoforte possa esprimere in maniera sintetica una sensazione, uno stato d'animo o un pensiero fugace. Sono brani singolari ed esteticamente validissimi che preludono a quella nuova e copiosa letteratura pianistica che iniziò a sostituirsi alla forma Sonata man mano che quest'ultima iniziava a perdere importanza e popolarità tra i compositori e presso il pubblico.

IL recital continua con due tra i più famosi Notturni di Fryderyk Chopin, Notturno op.9 n.2, Notturno op.27 n.2. Era dall'irlandese John Field, allievo di Clementi, anch'egli come Chopin compositore e virtuoso assai in voga, che Fryderyk aveva ereditato l'arte di questa particolare forma. I Notturni di Field, derivati dalla serenata cameristica o sinfonica e trasferiti sulla tastiera, possedevano sonorità sfumate e tinte delicate, chiaroscurali. Soprattutto derivavano dall'arte italiana del belcanto, dal gusto e dalla passione per l'opera lirica: infatti il Notturno op. 9 n. 2, che sarà eseguito d Bauleo, è incentrato su una melodia cantabile dall'ampio respiro che faceva dire a Chopin di rifarsi nell'eseguirlo alla famosa soprano Giuditta Pasta e allo stile di canto italiano.

La seconda parte del concerto è dedicata a Rachmaninov, che, pur straordinario talento pianistico, fu sempre interessato alla composizione e vinse, a soli 19 anni, la medaglia d'oro del Conservatorio di Mosca. Su incoraggiamento di Cajkovskij si convinse che la scrittura musicale fosse il mezzo più immediato di espressione. Pubblicata nel 1904, la raccolta dei 10 Preludi fu pensata per formare, insieme ai 13 dell'op. 32 e al Preludio in do diesis minore op. 3 n. 2, un ciclo di 24 Preludi che abbracciassero tutte le tonalità.

Il preludio n. 5 (Alla marcia in sol minore) è forse il più famoso dei dieci, soprattutto per il modo in cui è costruito, tipico di Rachmaninov. La composizione segue infatti una curva espressiva nella quale l'elemento iniziale viene ripetuto ossessivamente in un crescendo dinamico pieno di energia, interrotto da una parte centrale più cantabile.

La grande Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 36 di Rachmaninov, è opera di grande complessità musicale, scritta dal compositore nel 1913 - per l'esattezza a Roma, dove all'epoca il musicista trascorse alcuni mesi con la sua famiglia - e poi rielaborata, con alcuni tagli, nel 1931, in modo da renderla più adatta all'esecuzione di fronte al pubblico.

 

Sabato 22 settembre nello splendido complesso monumentale il pianista napoletano Fabrizio Romano con un programma interamente dedicato alla "forma-sonata", da Clementi a Schumann.

Dopo la Sonata op.26 n.2 del compositore e pianista italiano Muzio Clementi, uno dei primi ad aver scritto musica per il pianoforte moderno, Romano si cimenta nella Sonata in la maggiore op. 101 di Ludwig van Beethoven. La composizione inaugura l'ultimo, sublime periodo del pianismo beethoveniano, che si caratterizza per il superamento delle forme tradizionali e l'assunzione di strutture nuove ed "irregolari": riconquista del contrappunto, anticipazioni, sincopi, spostamenti sulle zone estreme della tastiera, sonorità insolite, impiego originalissimo del trillo.

A seguire poi la sonata K 332 di Wolfgang Amadeus Mozart. L'opera pianistica di Mozart è alla base di quella nuova corrente musicale che, superando le frivolezze del Rococò, attraverso la grande stagione del classicismo viennese, porta alla fioritura romantica e a quella che è stata giustamente definita "l'età del pianoforte". La sonata K 332 costituisce una tappa importantissima nel percorso di liberazione definitiva dall'estetica galante affrontato da Mozart.

Per concludere il suo excursus nel mondo della sonata classica, Fabrizio Romano esegue la sonata op. 22 di Robert Schumann. La seconda delle tre sole sonate per pianoforte che Schumann compose, ha avuto una stesura particolarmente travagliata che si sviluppa in un lungo lasso di tempo che va dal 1828 al 1835. Virtuosismo, tecnica, spettacolarità, tutto ciò che Schumann in quegli anni aveva potuto cogliere e ammirare del funambolismo di un Paganini che aveva ascoltato in concerto, sono in qualche modo trasferiti idealmente nella Sonata op. 22.

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