PoliticaRavello, Maffettone replica a Di Martino: «Fondazione è per cooperazione istituzionale. Prima si parla, poi si litiga»

Ravello, Maffettone replica a Di Martino: «Fondazione è per cooperazione istituzionale. Prima si parla, poi si litiga»

«Le persone normali, a mio avviso, prima parlano e poi litigano. Essere pregiudizialmente aggressivi è un atteggiamento che nulla ha a che fare con la democrazia»

Inserito da (Redazione), martedì 27 settembre 2016 09:05:07

«Prima si parla, poi si litiga. Fare il contrario e essere immotivatamente aggressivi è un atteggiamento che nulla ha a che fare con la democrazia. Il Sindaco non segue la logica del buon senso e della cortesia istituzionale». A dirlo è il presidente della Fondazione Ravello Sebastiano Maffettone dopo la denuncia-diffida del primo cittadino, Salvatore Di Martino, con cui ha giudicato sinora "fallimentare" la governance dell'ente che organizza il Festival (clicca qui per rileggere l'articolo).

Raggiunto telefonicamente, Maffettone ha specificato: «Due sono le ragioni per cui le critiche del sindaco sono inopportune. La prima è di contenuto, forse la più semplice e diretta: nonostante le difficoltà e i tempi corti, per merito della struttura e dei direttori artistici, il Festival è stato un successo. Spettacoli di grande livello, molti dei quali "nostri" perché prodotti da noi e immaginati esclusivamente per Ravello. Il Festival stava diventando un malato terminale di prodotti di agenzia di spettacoli. Naturalmente questa svolta in direzione della qualità vuol dire presentare meno spettacoli. Ma in fondo questo è il destino del Festival di Ravello, che è una rassegna d'élite. Ravello Festival è musica sofisticata che parte dalla sinfonica e si apre alla danza e ad altre arti. La regola deve essere questa e chi non la capisce non capisce Ravello. Da Sindaco mi sarei aspettato i complimenti».

La seconda è di metodo.«Le persone normali, a mio avviso, prima parlano e poi litigano. Essere pregiudizialmente aggressivi è un atteggiamento che nulla ha a che fare con la democrazia. Da questo punto di vista, il Sindaco non segue la logica del buon senso. C'erano tutti i modi e i tempi per parlare con la Fondazione e con me stesso. Tra l'altro, il Sindaco è mancato a vari appuntamenti, forse per paura di sentire la verità, ma questi sono problemi suoi. E anche sul piano istituzionale, invece di minacciare fantomatiche battaglie si poteva convocare i rappresentanti della Fondazione per accordarsi circa una cooperazione futura. D'altra parte, il Comune di Ravello ha i suoi rappresentanti tra gli organi della Fondazione e sull'informazione contabile può contare sui revisori dei conti. Inutile dire che né gli uni né gli altri sono stati mai contattati, confermando la natura pretestuosa dell'attacco alla Fondazione. Io e il segretario generale siamo sempre stati disponibili in questo senso. Quando -in sede Regione Campania- il Consiglio Regionale ha avuto dubbi sulle attività della Cultura mi ha convocato per chiarire. Questo fanno le persone normali».

Allora come spiega questo atteggiamento?

«Si è preferita l'intimidazione basata sul desiderio di occupare cariche, che nulla ha a che fare con la invocata democrazia. Come è ovvio, in questo modo si è generato l'effetto opposto se il desiderio era quello di collaborare. Se è vero che la Fondazione deve unire le istituzioni, la denuncia-diffida non rende facile il processo di cooperazione».

Cosa avrebbe fatto, da rappresentante delle istituzioni, al posto del Sindaco?

«Se fossi stato io il sindaco - e per fortuna non lo sono - avrei convocato il presidente e, data la tradizione British di Ravello, davanti a un the, avrei chiesto chiarimenti su quanto fatto ed espresso volontà su cosa fare in futuro. Così si favorisce la cooperazione».

Ma quali sono gli "impegni verbali e scritti non mantenuti" di cui si parla nella denuncia-diffida?

«Il problema è semplice: per ragioni di accordi elettorali si vogliono imporre le regole e gli accordi del Comune alla Fondazione cosa che la Fondazione stessa ovviamente non può accettare».

Il presidente preferisce non andare oltre, annunciando la risposta istituzionale.

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